Pippo Baudo, gigante della televisione italiana, è morto. Aveva 89 anni. Presentatore, recordman del Festival di Sanremo (guidato da palco per 13 edizioni), scopritore di talenti, per oltre 60 anni ha tenuto compagnia agli italiani dallo schermo della tv. Questo è il suo ritratto, firmato da Renato Franco per corriere.it
Schermo buio, se è ne andato l’uomo catodico che ha segnato 60 anni di storia della tv e dunque — volenti o no, abbonati o ex evasori del canone — anche della nostra storia. Presentatore e inventore, perché tanti di quelli che hanno avuto successo li ha scoperti lui (da Beppe Grillo a Tullio Solenghi, da Heather Parisi a Lorella Cuccarini), lui si era scoperto da solo. Il padre sogna un futuro da avvocato, Baudo (era nato a Militello il 7 giugno 1936) non lo contraddice, ma pensa solo al mondo dello spettacolo.
Il primo passo risale al 1959: «Debuttai in La conchiglia d’oro, un concorso musicale a Palermo: presentava Enzo Tortora. Io ero in veste di pianista, la mia prima apparizione in pubblico. Poi mi laureai in Legge, ma subito dopo arrivai a Roma per intraprendere la strada dello spettacolo». Ed ecco i primi test: «Feci il provino come pianista, cantante, imitatore e presentatore. Andò bene solo la quarta esibizione: era destino. Pino Procacci e Antonello Falqui mi chiesero: Immagina di trovarti al Festival di Sanremo e presentare Mina. Figuriamoci: sapevo tutto di Sanremo e di Mina. Fu un trionfo».
Baudo sognava il teatro: «Turi Ferro mi scritturò per spettacoli importanti. Ma, essendo alto e magrissimo, appena entravo in scena, la gente rideva. Ricordo un Tutto per bene di Pirandello: impersonavo un ruolo drammatico ma, prima di pronunciare la battuta, il pubblico si mise ad applaudire e a ridere. Turi era furioso e mi disse: Il teatro serio non fa per te». La sua carriera svolta domenica 6 febbraio 1966, quando diventa presentatore per caso: «Avevo proposto un nuovo programma. Il dirigente Rai, dopo aver visto le puntate di prova, sentenzia: È una vaccata. Ma un giorno non arrivò la copia doppiata del telefilm Rin Tin Tin e, non avendo nulla da trasmettere, mandarono in onda il mio Settevoci. Un successo».
Il quiz musicale con tanto di applausometro diventa un appuntamento fisso, le giacche sgargianti del conduttore di casa per lo spettatore che due anni dopo se lo ritrova sul palco del primo Sanremo (alla fine saranno 13). Baudo succede a Corrado come conduttore di Canzonissima (1972/73 e 73/74) e poi di Domenica in (dal 1979). Arriva il biennio (1984-86) da non scordare, che inizia con Fantastico 5 e Serata d’onore e si conclude con la settima edizione di Fantastico che ha punte di oltre 20 milioni di telespettatori.
Nel 1987, nel momento di massimo fulgore artistico, la prima crisi tra Baudo e la Rai: l’allora presidente, il socialista Enrico Manca, scomoda Gramsci e definisce «nazionalpopolare» la tv messa in onda da Baudo, accusato di solleticare i gusti più bassi degli spettatori. Baudo replica che allora farà «solo programmi regionali e impopolari», decide di lasciare il programma e l’azienda. Si aprono le porte di Mediaset: «Fu Berlusconi a farsi vivo. Mi offrì tantissimo, forse troppo. Ero diventato direttore artistico delle tre reti e i colleghi non gradivano: da Antonio Ricci a Costanzo, a Corrado».
Esperienza breve e infelice che gli costa dal punto di vista professionale ed economico: «Per pagare la penale, cedetti un bel palazzetto all’Aventino, poi diventato sede del Tg5. Lo stesso Berlusconi ammise che mi avevano messo in mutande. Non faccio più quella strada da allora. Oggi varrà 20 milioni di euro», ricordava nel 2005. Nel 1989 è di nuovo su Rai2 con Serata d’onore, ma il purgatorio dura poco e l’anno successivo torna sull’ammiraglia Rai con Gran Premio e Fantastico.
È di nuovo in auge: il 1992 è l’anno di un superSanremo, quello in cui blocca «Cavallo pazzo» che vuol buttarsi dalla galleria dicendo che il Festival è truccato. Su e giù. La metà degli anni Novanta è in chiaroscuro e arriva la seconda crisi con Viale Mazzini: nel 1996 prima un Sanremo poco felice (dà le dimissioni ma tutto finisce in un abbraccio con l’allora presidente Letizia Moratti), poi lascia la direzione artistica delle reti Rai assunta due anni prima e il video per un’inchiesta sulle telepromozioni. La vicenda si conclude patteggiando una condanna a un anno e 9 mesi e rimborsando 200 milioni: «Non è vero che facevo un sorrisetto in più per intascare mazzette. Erano le società a chiedermi consigli pubblicitari, ma niente mi faceva supporre di commettere un atto vietato. Ora il regolamento è chiaro».
Ancora peggio va quando decide di tornare a Mediaset, sei soli mesi a cavallo del 97-98: Una volta al mese, varietà a cadenza mensile, è un flop, così come poche tracce lasciano La canzone del secolo e Tiramisù.
Lui, il siciliano dal carattere di ferro, non si butta giù, il rilancio arriva grazie a Rai3 che lo ripesca con Giorno dopo giorno sugli eventi principali del XX secolo: il programma, pomeridiano, ha successo e viene spostato in prima serata con il nuovo titolo di Novecento.
Il peggio è passato: Baudo torna di nuovo alla gloria con Sanremo 2002, nel 2005 è per l’ennesima volta in sella a Domenica in (l’ultima volta era stato nel 1991), due anni dopo ancora un Sanremo su (con Michelle Hunziker) e poi uno giù (affiancato da Piero Chiambretti, e da Bianca Guaccero e Andrea Osvart): «Ho avuto molto dal Festival, ma ho anche dato molto. Non lo considero un dominio esclusivo, ma non escludo di tornarci».
Era il suo ultimo sogno. In compenso arriva un regalo: a 80 anni è di nuovo conduttore a Domenica In (anche qui sono 13), erede di se stesso. Non si sentiva ancora pronto per la pensione: «Se il vecchio Anchise riesce a scendere dalle spalle di Enea e riesce a camminare, lasciatelo camminare». Ora Enea se l’è ripreso. (Fonte: corriere.it)
Per il Teatro Sistina interpretò, nel 1997, la commedia musicale “L’uomo che inventò la televisione” e, nel 2014, con Enrico Montesano, “Sistina Story“.

Una nota di Massimo Romeo Piparo:
Una perdita incolmabile quella del mondo dello spettacolo con la scomparsa di Pippo Baudo.
Pippo era un grande “amico” del Sistina: nel 2013, subito dopo l’insediamento, Piparo lo volle protagonista del suo primo cartellone con “Sistina Story”, un grande omaggio alla grande tradizione del tempio del varietà e della rivista musicale in cui Pippo – accanto ad Enrico Montesano- fece da ineguagliabile narratore.
Il suo saper spaziare dalla musica colta al pop, attraversando tutti i generi musicali esistenti, la sua competenza, la sua ineguagliabile esperienza, la sua sterminata cultura, sono stati per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di lavorarci insieme, linfa a cui attingere per una crescita artistica oltre che umana.
Non servono altre parole per raccontare la sua grandezza e la sua importanza, se non rilevare l’altrettanto enorme vuoto che adesso lascerà. Quella poltrona in prima fila centrale che sempre era riservata per lui al Sistina gli sarà intitolata in suo ricordo perché Pippo sarà sempre lì seduto ad applaudire e argutamente commentare. Ciao Pippo

© Musical.it