Talenti italiani all’estero: Pasqualino Beltempo

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Scritto da: Redazione • 3 Settembre 2019
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Pasqualino Beltempo è un performer pugliese molto determinato nel realizzare il suo sogno di interpretare musical. Da quasi 10 anni vive a New York ed è riuscito già a conquistare ruoli importanti. Poiché sappiamo che il suo sogno è comune a molti ragazzi e ragazze nostri lettori, gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e Pasqualino ci ha fatto avere questo bellissimo articolo. Grazie e… in bocca al lupo!

Mi chiamo Pasqualino, vengo da Bari e da Novembre 2010 vivo a Brooklyn. Amo raccontare storie e New York è la culla di Broadway, dove i sogni nascono e crescono e le storie diventano musica, danza e parole. Guardando film ambientati nella Grande Mela c’era sempre una voce dentro di me che mi diceva che un giorno sarei stato lì e avrei fatto di quei luoghi, così familiari ormai, una seconda casa. Un’isola piccola ma fitta, a volta mi chiedo come riesca a contenere tante persone senza affondare, “una giungla di cemento, fucina di sogni” come descrive la canzone di Alicia Keys. Grandi sogni, però, richiedono sforzi e sacrifici altrettanto imponenti ed è qui che entra in gioco un tratto fondamentale della mia personalità: sentirmi dire che “è troppo difficile” e “non si può” è solo un incentivo a farmi insistere e far diventare l’improbabile un fatto concreto.

La passione per i musical e il talento non bastano. quando sei a New York le difficoltà e i passi da seguire sono tanti, e quando sei uno straniero si moltiplicano, esponenzialmente poi quando non vieni da un altro paese anglofono.

Nonostante tutto quasi dieci anni dopo posso dire di aver partecipato a numerose produzioni interpretando ruoli leggendari come Bernardo in West Side Story, Gomez nel musical ispirato alla Famiglia Addams, Al in A Chorus Line a ho girato l’America col tour nazionale di Legally Blonde, basato sul film La Rivincita delle Bionde.

Ma cominciamo dall’inizio: ho sempre avuto la passione e la propensione verso le arti sceniche e ho avuto la fortuna di avere due genitori che hanno sempre creduto in me, dandomi sostegno incondizionato. Inoltre ho avuto il privilegio di studiare presso l’Accademia Unika di Bari dove ho ricevuto un’istruzione artistica ineccepibile, sempre accompagnata da un forte accento sulla professionalità e il rispetto. L’ambiente teatrale ci porta a lavorare in stretto contatto coi colleghi, quindi l’essere sempre corretto ed educato in scena, in prova o in camerino, è stato un enorme punto di forza nella mia carriera statunitense.

Una volta ottenuta la mia laurea in geologia ho deciso, sotto consiglio di Maria Laura Baccarini, con cui ho studiato in occasione di workshop organizzati dall’Accademia Unika per due estati consecutive, di recarmi a New York per approfondire e raffinare stili e discipline che in Italia non erano ancora diffuse, come il tip tap, la danza e il canto in stile musical, e per vedere spettacoli a Broadway.

Dal momento in cui sono atterrato ho capito immediatamente che ero nel posto giusto e dovevo restare!

Ecco che mi si presenta la prima triste realtà: senza un visto artistico, uno straniero non può fare spettacoli ed esibirsi con retribuzione. Nonostante questa consapevolezza ho cominciato a comprare ogni giovedì Backstage, una rivista su cui trovare audizioni e articoli sullo show business. Ho cominciato a fare la vita “dell’audizionista” newyorkese che si sveglia prima dell’alba per arrivare alla sede dell’audizione ed essere almeno entro i primi 300 per sperare di essere visto prima delle 18. Ovviamente ci sono stati tanti esiti negativi, essendo uno sconosciuto in una città piena di talento e non avendo frequentato nessuna università americana rinomata con programma di musical, e quando superavo più fasi c’era sempre alla fine il problema del visto, che ancora non avevo. Tutto ciò non mi ha fermato e sono riuscito a fare degli spettacoli che pagavano solo la diaria in contanti, che non è tassabile, quindi senza necessità di contratto o codice fiscale. Fra questi show ho preso parte a una produzione originale in versione musical de “Il Canto di Natale” di Charles Dickens, con sede al Players Theatre, un teatro sperimentale molto conosciuto nel Greenwich Village, nella Manhattan sud-ovest. Durante una delle performance ecco che nel pubblico c’è Nicole Kidman insieme al marito, il cantante country Keith Urban, e la loro bambina. In quel momento ho realizzato che un’attrice che ho ammirato tanto crescendo e che avevo visto sullo schermo a cinema svariate volte e sul VHS di Moulin Rouge fino a consumarlo, aveva pagato un biglietto per vedere me sul palco. È stata un’emozione indescrivibile vederla a fine spettacolo, quando si è gentilmente complimentata con tutti noi. (continua dopo la foto)

Ho iniziato ad informarmi e il passo successivo era chiaro: ottenere un visto lavorativo.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il solito mare, in questo caso un intero oceano. La buona notizia era che avevo trovato un buon avvocato e che mi aveva confermato che il lavoro che avevo fatto in Italia era sufficiente a richiedere il visto artistico. Il processo e le vicissitudini relative al visto artistico richiederebbero troppi paragrafi, agli interessati basti sapere che è comparabile al lavoro e alla burocrazia legati a una tesi di laurea sperimentale, con l’aggravante che va ripetuto ogni tre anni, poiché alla scadenza non si può semplicemente rinnovare, ma bisogna ripete tutta la trafila da zero.

Una volta superata la difficoltà del visto se ne presentano tante altre: avere tanta concorrenza, ballare tanti stili di danza diversi, cantare alla maniera tipica del musical americano, avere un accento straniero.

Quasi subito ho imparato a fare di quelle che credevo fossero le mie debolezze i miei punti di forza. Inizialmente cercavo di parlare meno possibile durante un’audizione e di curare la dizione americana al massimo per non dare nell’occhio, lentamente però ho scoperto che i direttori del casting e i registi erano molto interessati alla mia unicità, amavano il fatto che avessi un accento straniero e che chiamassi l’accompagnatore al piano “maestro” o che non fossi omologato allo stile di performance che si insegna nelle università di musical americane, ma che fossi in grado di interpretare in maniera originale e unica. Ovviamente ho studiato molto per essere alla pari degli altri e ballare e cantare nello stile richiesto a seconda dell’occasione. (continua dopo la foto)

Pasqualino nel ruolo di Gomez ne “La Famiglia Addams”
(Jimmy Lewis nel ruolo di Fester, Ilana Gabrielle nel ruolo di Mercoledì e Blaire Baker nel ruolo di Morticia)

Dopo un inizio nell’ensemble, ovvero il coro/corpo di ballo, ho cominciato a raccogliere ruoli, la maggior parte dei quali richiedevano qualcosa di straniero. Il mio ruolo preferito è sicuramente Gomez, nel musical sulla Famiglia Addams incentrato decisione dell’ormai cresciuta figlia Mercoledì di sposarsi con un ragazzo “normale” creando scompiglio nella sua famiglia fuori dagli schemi. È il protagonista del musical con battute divertentissime, lunghi monologhi, svariate canzoni e duetti, il tutto con un accento spagnolo esasperato, ma anche con scene profonde legate all’importanza del supporto della famiglia e al rispetto di chi è diverso. Un altro ruolo eccezionale che ho avuto l’onore di interpretare è Bernardo in West Side Story ( sto per interpretarlo per la quinta volta in Florida a Novembre) un ruolo molto ballato e carico di energia, in una storia che non mi stancherò mai di raccontare e che tratta i temi delicati del razzismo, la xenofobia e la violenza giovanile, temi purtroppo ancora molto attuali sia in America che nel mondo.

Le soddisfazioni al momento non mancano, come ad esempio un Tour Nazionale con Legally Blonde che mi ha permesso di visitare più di 30 Stati e calcare palcoscenici magnifici, come il Fox a Detroit, dove si sono esibiti giganti come Elvis e Frank Sinatra.

Ora però c’è ancora un’altra difficoltà da superare, ovvero la carta verde. Per lavorare a New York e dunque a Broadway vero e proprio bisogna essere un cittadino americano o almeno avere la carta verde, i cui costi e materiali da preparare superano di gran lunga quelli del visto. Senza carta verde non si può entrare a far parte del sindacato per attori di musical Equity, ed essere membro è un requisito base per lavorare a Broadway. Come al solito l’idea di non poter fare qualcosa mi incita ancor più a farla. Di conseguenza lavoro da circa un anno a raccogliere e preparare tutto il materiale necessario sperando di superare al più presto questo scoglio e cominciare a raccogliere punti necessari a far parte del sindacato.

È sicuramente una saga e non sono ancora a metà strada, ma è un processo che mi sta insegnando tantissimo, sia a livello personale che artistico. Ovviamente l’Italia mi manca tanto e sempre, ma la porto sempre con me e spero di renderla orgogliosa rappresentandola qui Oltreoceano a testa alta. Qui in America il musical ha la sua massima espressione ed è in continua evoluzione, quindi il mio sogno successivo è di far parte di una produzione originale e magari ispirare un nuovo ruolo, quindi non mi resta che allacciare la cintura e prepararmi a questa corsa in montagna russa davanti a me, cercando di collezionare lungo il percorso tante emozioni, lezioni da imparare e spero anche molti applausi. Non escludo mai di lavorare a dei progetti in patria un giorno, ma al momento vincere questa sfida con Broadway è in cima calla lista del mio sogno americano.

Pasqualino in “Evita” nel ruolo di Magaldi

Pasqualino in “Assassins”
nel ruolo dell’assassino calabrese Giuseppe Zangara

Pasqualino in “West Side Story” come Bernardo
(Marianthi Hatzis nel ruolo di Anita)

Pasqualino in “A Chorus Line” nel ruolo di Al
(nel ruolo di Kristine l’attrice Priscila Zortea)

Pasqualino sul palcoscenico del Tobin Center di San Antonio in Texas,
durante il tour di “Legally Blonde”

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